
Le caratteristiche di un buon vino: ecco come riconoscerlo
Le caratteristiche di un buon vino: ecco come riconoscerlo
Lunga vita al vino buono. O meglio: i vini migliori, un po’ come capita anche alle persone, sono quelli che con il tempo riescono a instaurare il rapporto meno conflittuale possibile, invecchiando bene e lentamente.
Riconoscere il più buono del reame, poi, è dote da sommelier. Ma non solo. Anche da appassionati bevitori di qualità dai sensi ben sviluppati.
Riconoscere un vino di qualità
Per capire, infatti, se un vino è di qualità, l’esperto o cultore che sia, non può assolutamente fare a meno di avere buon occhio, olfatto particolarmente confidente con gli aromi della natura e della stagionatura e il gusto raffinato di chi sa ben distinguere l’eleganza, la qualità e quella risposta positiva e lenta alla chiamata delle stagioni che rendono un vino dall’essere gradevole al divenire eccellente, dal sembrare notevole al risultare unico.
La bottiglia, in ogni caso, è la testimone più fedele di quanto qui stiamo affermando.
Il grande vino, infatti, si riconosce in primis per la lentezza dell’invecchiamento in bottiglia. Ovvero risulteranno migliori quei vini che mantengono pressoché inalterate le caratteristiche che avevano al momento dell’imbottigliamento.
Vini Monovarietali
Si era parlato quindi dell’importanza rivestita dai sensi. Elemento che non può marcare visita all’appuntamento del buon bevitore con il buon vino.
Da questo punto di vista è bene ricordare che, ovviamente, per i più puri tra i puri, i cosiddetti monovarietali, ovvero quei vini che nascono da un’unica varietà, il miglior pregio – come si può facilmente intuire – è proprio quello di rispondere in maniera più riconoscibile e marcata alle caratteristiche che hanno reso nobile e realmente unica la varietà di appartenenza.
Ciascuna famiglia di varietà, infatti, possiede un profilo sensoriale proprio, peculiare.
Se nel corso di una degustazione si riescono a riconoscere i profumi, gli aromi, i retrogusti e le colorazioni tipiche, vorrà dire allora che l’obiettivo sarà stato centrato.
In tal senso la nuova linea Vinea Domini, va detto, punta proprio a rispondere a questa particolare esigenza.
Ad ognuna delle etichette proposte è stato, infatti, adattato un percorso proprio di lavorazione: dalla vigna alla cantina, dando vita ad un percorso tale da divenire protocollare e in certo qual modo marchio di fabbrica per i vini di questa filiera d’eccellenza, esaltando proprio le caratteristiche sensoriali di ciascuna uva impiegata.
Ad alcune di esse, da cui i vini maggiormente pregiati prendono vita, per esempio, occorrono condizioni realmente particolari di coltivazione.
Sauvignon Blanc
Il Sauvignon blanc, vitigno aromatico per antonomasia, può essere tranquillamente preso come esempio calzante.
Per mantenere intatti gli aromi di frutta esotica, pompelmo rosa, frutto della passione, foglie di pomodoro, caratteristici delle note tioliche di quest’uva considerata tra le più aromatiche, tanto da rendere questo vino un vero e proprio caso di specie, c’è bisogno di una cura particolare che inizia decisamente prima della vendemmia.
È infatti il grappolo da cui nasce il Sauvignon blanc a chiedere una condizione peculiare. Per maturare in modo da garantire il risultato e la qualità sperati, quelle uve hanno bisogno di crescere all’ombra, facendo poi attenzione, anche in cantina, nel processo di fermentazione in botte, ad evitare qualsiasi rischio di ossigenazione del vino che ne minerebbe l’essenziale riconoscibilità.
Questo vino che gradevolmente accompagna la cucina vegetariana, gli antipasti leggeri, formaggi freschi e piatti a base di pesce e crostacei come pure le ricette piccanti, è noto anche per una dote particolare: le sue doti di calmante naturale utilizzato durante sessioni di massaggi corporei e si può ben definire un calice di tutto rispetto e assolutamente caratteristico in termini qualitativi, nonostante l’ampia diffusione a livello internazionale.
Viognier
Al contrario, nel caso dell’uva Viognier, per esaltare le note terpeniche, resinose, tipiche di questa varietà, che rispondono ai sentori particolari di fiori di arancio, agrumi, balsamico e mentolato si deve ricorrere a procedimenti di fatto opposti rispetto al vitigno poc’anzi presentato, optando per una vendemmia tardiva.
Esempi contrastanti ma utili per capire come, di fatto, oggi per proteggere le specificità che rendono un vino di qualità assoluta, occorre curare ciascuna etichetta monovarietale con un proprio protocollo specifico di lavorazione.
In termini più generali, il grande vino si riconosce per la lentezza dell’invecchiamento in bottiglia. I grandi vini sono quelli che mantengono pressoché inalterate le caratteristiche che avevano al momento dell’imbottigliamento.
Ovviamente tutti i vini invecchiano ma nei casi in cui troviamo la perfetta sintonia tra una varietà ed un territorio questo invecchiamento è più lento.
I grandi vini nel mondo sono effettivamente quelli che conservano delle note di fiori e frutti freschi e giovani, anche dopo decenni.
Cesanese del Piglio
Nel caso della linea Vinea Domini, l’esempio più calzante che possiamo fare in questo senso è quello del vino Cesanese del Piglio D.O.C.G. Infatti, la varietà di uva Cesanese di Affile trova nel territorio del Piglio un areale unico e inimitabile.
La perfetta sintonia tra questi due elementi genera dei vini che presentano delle caratteristiche irriproducibili in altri contesti.
Ovviamente, occorre rispettare alcuni parametri, in particolare in vigneto, ponendo massima attenzione alla resa che non deve mai eccedere il chilo per pianta, per le versioni più prestigiose.
I vignaioli del Piglio che, dopo secoli di improprio sfruttamento intensivo, hanno infatti compreso appieno, nel secondo dopoguerra del Novecento, le peculiarità di un prodotto particolarmente raro e prezioso che, non appena si è riusciti interpretarne a dovere le vere è più preziose caratteristiche, non ha mancato di ripagare i suoi cultori, rendendo un nettare unico e apprezzato ovunque, vanto nel mondo per il suo territorio d’origine, tanto da ottenere i riconoscimenti di marchio Doc negli anni Settanta e, più di recente, il Docg.
Un vino che, una volta imbottigliato, conserva per decenni le caratteristiche iniziali, garantendo così un elevato potenziale evolutivo.
Per questo motivo, il vino Cesanese del Piglio D.O.C.G. rimane uno dei pochi vini rossi laziali per i quali è possibile effettuare delle degustazioni verticali, sempre prodighe di successo e stupore, capaci di continuare a destare meraviglia e ammirazione negli anni.
Una dote preziosa proprio come il colore rubino tipico di un calice che rappresenta l’eccellenza assoluta: un autentico inno alla vita e alla bellezza rara e irripetibile dei vigneti del Lazio.